2.3.3 - Una forza non considerata.

Le maree sono dovute alla variazione della densità dell’acqua, per effetto del movimento rispetto a Luna e Sole, a velocità angolari critiche.

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prologo > indice maree > 2.3 Come iniziò questa ricerca sulle maree.

2.3.0 - Titolo, sottotitolo e avvertenza.
2.3.1 - Introduzione ad una ricerca ai suoi inizi.
2.3.2 - Problemi da risolvere.
>2.3.3 - Una forza non considerata.
2.3.4 - L'attenzione viene portata sull'acqua.
2.3.5 - A caccia di eventi discontinui.
2.3.6 - Le figure d'acqua.
2.3.7 - Problemi di percezione.
2.3.8 - Prospettive.

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Il tuo coraggio, a dire che le maree non sono dovute alla gravità, deriva da un tuo vantaggio.

In seguito all’esito della tua ricerca sui semi, fin dal 2004, hai capito come essi mantengono la propria germinabilità nel tempo. Questo ti ha permesso di mettere a punto una procedura per aumentare i raccolti.

Tu vi hai applicato, con successo, l'ipotesi che la disposizione della materia, nello spazio attorno agli acidi grassi dei semi, genera due forze conseguenti, non solo la gravità, ma anche una forza sorella, che tu chiami “forza dovuta al movimento rispetto ad altra materia”, “forza d” per essere breve.

Le due forze conseguenti (gravità e “forza d”) producono degli effetti sulle molecole considerate, senza degradare energia.

Le due forze conseguenti lavorano in tandem.

La gravità determina il movimento della materia, la “forza d” lo utilizza, come succede con i semi fermi al suolo, in movimento rispetto alla Luna. Ecco perché tu consideri le due forze, forze sorelle.

Esse permettono l'esecuzione di processi cumulativi-dissipativi, che vanno a diminuire l'entropia, senza degrado di energia, in elusione della seconda legge della termodinamica, la quale stabilisce che ogni lavoro, ogni processo, comporti un degrado del'energia disponibile. Fanno eccezione le due forze sorelle.

È vero che i processi indotti dalla “forza d” utilizzano energia sotto forma di calore, ma per i semi si tratta solo di un prestito, che dopo restituiscono, alla fine dei due processi. Ciò avviene in due fasi: la prima in accumulo di energia, la seconda nella sua dissipazione.

La “forza d” ha caratteristiche sue proprie.

La “forza d” ha caratteristiche sue proprie, differenti da quelle della gravità, quanto a formula, funzione, modo di operare, e grado di discontinuità di azione.

Le differenze tra gravità e “forza d” rendono relativamente facili nei semi le verifiche per distinguere, tra le due forze, chi fa cosa, in osservazioni ed esperimenti, accessibili perfino a persone spovviste di mezzi come te.

Non parti quindi da zero, ma utilizzi dei concetti che già hai visto nei semi, ed applicati nella procedura per aumentare i raccolti.

Considerazioni.

L'intensità della “forza d” diminuisce con la distanza in una misura da definire.

Del resto, come detto prima, la differenza nella formula non è la sola fondamentale incongruenza nella teoria corrente delle maree, che ti spinge ad escludere la gravità come loro causa. Ce ne sono altre tre, già menzionate a pagina 2.4.1.

Pertanto, ti sei chiesto se fosse praticabile l'ipotesi, secondo la quale anche l'acqua potesse avvalersi dei processi cumulativi dissipativi indotti dalla “forza d”, e che le maree ne fossero una delle conseguenze.

Tipiche modalità di azione della “forza d”.

Bisognava vedere se anche nell'acqua si riscontrano le tipiche modalità di azione della “forza d”.

La “forza d” si avvale del movimento per operare.

Tanto per cominciare, un primo indizio.

Da parte loro, i semi, per poter rimanere germinabili con il passare del tempo, si avvalgono di scambi di calore coerenti con il movimento, rispetto a dell'altra materia.

Il movimento dell'acqua la mantiene sana. Altrimenti, se non è in movimento ed è a temperatura uniforme, diventa stagnante e s'imputridisce.

La “forza d” opera in modo discontinuo.

Tutto in natura succede in modo discontinuo, anche quando ci appare che un fenomeno succeda in modo continuo.

La discontinuità della “forza d” è incommensurabilmente più grande che nella gravità, come hai potuto verificare nei semi, oltre che con la statistica nell'“esperimento A”, perfino con i tuoi sensi, attraverso pazienti ma semplici osservazioni. Tutto succede durante brevi episodi d'interazione, da un momento all'altro.

Tra Luna e un seme, c’è interazione solo quando la prima ritarda di un valore critico la sua velocità angolare, rispetto alle molecole di quel seme, fermo sulla Terra. Solo allora. Per la maggior parte del tempo, no. La stragrande maggioranza delle velocità angolari, offerte dalla Luna ai semi, fermi al suolo, non sono critiche, e variano di continuo.

Hai così pensato che se le maree sono dovute alla “forza d”, se anch'esse sono generate in processi cumulativi-dissipativi, anch'esse ti potevano mostare di essere generate in modo discontinuo, durante brevi episodi d'interazione, a velocità angolari critiche, rispetto per esempio alla Luna, e rese possibili grazie a scambi di calore in accordo con il movimento. In accumulo, se la velocità angolare sta aumentando; in dissipazione, se essa sta diminuendo.

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